DIGITAL DIVIDE: Smart working e e-learning, oggi si parla del telelavoro e delle lezioni a distanza, pratiche balzate alle cronache, per necessità, che ci pongono di fronte a diversi interrogativi e riflessioni sull’arretratezza culturale e infrastrutturale del nostro Paese. Chi lavora nelle multinazionali, soprattutto estere, è abituato a lavorare da casa, mentre per coloro che lavorano per le PMI italiane è una novità, soprattutto culturale. Pensare al rapporto di lavoro basato sui risultati e non sulle ore passate fisicamente nel luogo di lavoro è sicuramente un cambio di passo, che va tenuto da conto anche quando avremo superato la crisi da COVID-19, per due aspetti positivi: il benessere dei dipendenti e la produttività (oltre che all’impatto sull’inquinamento).
Superato il fattore culturale si pone il problema dell’infrastruttura di rete, che pone dei limiti tangibili. La banda larga superiore a 30mbps copre il 21% del totale delle abitazioni contro il 62% della media europea, mentre per quanto riguarda la banda larga ultraveloce, 100 Mbps e oltre, l’Italia si piazza al 27mo posto su 28 Paesi (dati Desi 2019). Nota dolente sono i piccoli centri, molto diffusi in Italia, dove si registra il famoso “fallimento di mercato”, ergo per gli operatori non è conveniente coprire una determinata zona perché non si produce profitto. Altra nota negativa, che aggrava questo periodo, è la bassa attività di vendita on-line da parte delle PMI italiane rispetto a quelle europee. Lo stesso problema dell’infrastruttura di rete si riverbera sui buoni propositi dell’e-learning, che non può essere garantito per tutti per le argomentazioni sopra esposte. Inoltre, bisogna tener conto delle condizioni economiche delle singole famiglie che sono un freno alle lezioni a distanza, non tutte le famiglie infatti possiedono un PC o un tablet.